Frosinone, 16 marzo – ‘Sprecare meno per fare di più’ è il titolo del convegno organizzato dal Partito Democratico di Frosinone il 16 marzo all’Hotel Astor, che ha visto una partecipazione di politici alternati a tecnici, che hanno affrontato il delicato tema della raccolta differenziata, dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua in terra ciociara e le sue possibili soluzioni grazie alle fonti energetiche rinnovabili. Ha partecipato al convegno l’assessore regionale all’ambiente Mauro Buschini, il coordinatore provinciale del Pd settore ambiente e fonti rinnovabili Luigi Mastrogiacomo, più i tecnici intervenuti, l’agronomo Lorenzo Maggioni, rappresentante del Cib, e Sofia Mandelli, rappresentante di Chimica Verde Bionet.

L’assessore Buschini ha sottolineato la gravità della situazione ambientale in provincia di Frosinone, seppure diverse strategie sono state poste in essere da parte della Regione, che vedono il punto di partenza nell’attuazione del piano dei rifiuti, ma che puntano in particolare ad accorciare i tempi per trovare delle soluzioni idonee per uscire dallo stallo – la regione conta la problematica questione di Roma inerente il conferimento e il seguente trattamento e smaltimento dei rifiuti-, da qui l’apertura assessorile sugli impianti che producono energia da fonti rinnovabili, che generano occupazione, sono meno inquinanti, producono energia pulita, bonificano impianti industriali obsoleti preesistenti; non solo, l’assessore Buschini ha annunciato che la politica ambientale della Regione guarda con estremo favore alla produzione del compost (cioè il risultato della bio-ossidazione delle materie organiche, scarti di cucina, liquami o i rifiuti del giardinaggio) Lorenzo Maggioni, agronomo, in rappresentanza del Cib, il Consorzio italiano biometano che riunisce sotto la sua sigla le aziende agricole che producono biometano da fonti rinnovabili e le aziende legate a questo processo industriale, ha descritto gli scenari italiani ed europei, la necessità di innalzare il livello di produzione energetica seguendo gli esempi ecovirtuosi di quei Paesi che nell’immaginario collettivo italiano sono tali (i Paesi Scandinavi, ma anche la Germania, seppure il Paese tedesco non accenna a dismettere le industrie che producono energia da carbone, quindi altamente inquinanti per l’atmosfera),la necessità di raggiungere un’autosufficienza senza acquistare quell’ulteriore energia che proviene da altri Paesi come la Francia che la trasformano grazie all’atomica o alla fossile. La soluzione? Le centrali che producono biometano attraverso la digestione anaerobica di biomasse agroindustriali, quali sottoprodotti agricoli, reflui zootecnici, colture di integrazione, dalla frazione organica dei rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata. Il tema dell’intervento di Maggioni ha poi riguardato ISAAC, un progetto europeo finanziato con un HORIZON 2020, relativo all’accettabilità sociale degli impianti, che ha come altri partner AzzeroCO2, Legambiente e il CNR.

Illuminante anche l’intervento da parte di Sofia Mannelli. La sua non è solo una filosofia aziendale (la chimica verde -o sostenibile- indirizza l’industria su percorsi di sostenibilità l’industria chimica, imponendo alle industrie di eliminare le vecchie tecnologie trasformandole in nuovi processi puliti e nella progettazione di nuovi prodotti e nuovi processi eco-compatibili. Le grandi agenzie ambientali governative, la grande industria ed il mondo della chimica in generale, stanno elaborando ed assumendo un codice di comportamento che individua strategie precise per prevenire l’inquinamento: da qui l’appello alla regione Lazio ma anche a ogni singolo Comune di per “fare presto, di creare una strategia comune, perché l’Italia nella chimica verde è un’eccellenza assoluta”, riportando esempi di come da scarti di mele trentine aziende trasformino utilizzando in altissime percentuali gli scarti del frutto in scarpe, accessori o packaging. Inoltre, dato che le scorte di combustibili fossili non sono eterne, un altro aspetto della Chimica verde è quello di cercare di ridurre i consumi, gli sprechi energetici nell’eseguire i processi industriali, e di utilizzare fonti energetiche rinnovabili per il funzionamento degli impianti industriali. La moderna chimica di sintesi dipende ancora per gran parte dalla petrolchimica, che utilizza come materie prime i prodotti derivanti dal petrolio, in via di esaurimento: ne deriva un’attenzione particolare da parte delle nuove ricerche chimiche nel cercare di produrre appunto materie plastiche e prodotti chimici ricavati da fonti biologiche e rinnovabili.

La vera rivoluzione industriale della chimica verde è però anticipare il futuro: “è la sostituzione del carbonio di origine fossile petrolchimica con quello rinnovabile” ha sottolineato Sofia Mannelli.